La presunta uccisione a metà gennaio del leader dei talebani pachistani, Hakimullah Mehsud, era stata usata dagli Stati Uniti per giustificare l'efficacia dei bombardamenti missilistici americani sui villaggi pachistani del Waziristan. Ora che il giovane emiro, con un video, ha dato prova di essere ancora vivo, il programma di omicidi mirati condotto dai droni della Cia in Pakistan torna al centro di aspre critiche. Critiche che in realtà non si sono mai sopite sia negli Stati Uniti che a livello internazionale.
Il 28 aprile il Congresso degli Stati Uniti ha tenuto un'audizione di esperti di diritto internazionale per approfondire i dubbi sulla legalità dell'uso dei droni in Pakistan.
David Glazier, docente della Scuola di legge di Loyola a Los Angeles, ha dichiarato davanti ai commissari che ''il personale Cia che controlla i droni corre il rischio di essere perseguito dalle leggi pachistane per crimini di guerra''. Mary Ellen O'Connell, docente di diritto dell'Università di Notre Dame, ha detto al Congresso che ''i droni sono armi da guerra capaci di infliggere gravi perdite, quindi non sono legalmente utilizzabili al di fuori di teatri di combattimento''.
Lo stesso giorno, l'Unione americana per le libertà civili (Aclu) ha inviato una lettera al presidente Obama, chiedendogli di sospendere la sua autorizzazione a un programma su cui gravano ''pesanti dubbi di costituzionalità e di rispetto dei diritti umani'', in quanto ''omicidi lungamente predeterminati e burocratizzati e chiaramente non limitati a obiettivi che costituiscono una reale minaccia imminente per la sicurezza degli Stati Uniti''.
Il rappresentante speciale dell'Onu per le esecuzioni sommarie, Philip Alston, da mesi attende dal governo Usa una risposta ai suoi rilievi: ''La Cia conduce un'operazione che sta uccidendo un gran numero di persone senza la minima giustificazione dal punto di vista del diritto internazionale''.
Fonte: peacereporter.it
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