Lo scandalo dei rifiuti elettronici mandati in Africa



Secondo i calcoli dell’Onu, ogni anno il mondo produce circa 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. La stragrande maggioranza di questi rifiuti sono prodotti nel Nord del Mondo, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa.

Computer, telefonini, televisori, radio e altri oggetti vanno a ingrossare le fila dei rifiuti elettronici mandati in Africa.

Certo, i rifiuti elettronici mandati in Africa sono una parte del totale della spazzatura inviata in quel continente; tuttavia, questa parte è particolarmente significativa per due motivi. Innanzi tutto perché mostra come l’Africa continui ad essere un continente sfruttato dai paesi ricchi sia dal punto di vista produttivo che dal punto di vista politico-sociale. Secondariamente, i rifiuti elettronici mandati in Africa si rivelano particolarmente dannosi per la salute degli abitanti e per la salubrità dei luoghi stessa.

UN PROBLEMA DI COSTI

Partiamo dal secondo motivo di importanza.

In Africa questi rifiuti vengono sistemati in delle sterminate discariche nelle quali i ragazzi, o più spesso i bambini, bruciano la plastica degli oggetti elettronici per recuperare i metalli, come rame e ferro, con l’obiettivo di rivenderli per una miseria. Quella miseria purtroppo fa comodo alle famiglie dei ragazzi di 10 anni che si avvelenano il corpo procurandosi tumori ai polmoni, alla gola e al cervello.

Il problema è che lo smaltimento dei rifiuti è troppo costoso se fatto in Europa, in quanto esistono leggi da rispettare. Di conseguenza lo si fa in Africa, senza regole né controlli. Inviando tonnellate di spazzatura in un paese povero si saccheggia anche il futuro di quello stato, condannando molti dei suoi abitanti a una morte prematura.

DALL’AFRICA ALL’AFRICA ARRICCHENDO EUROPA E AMERICA

Inoltre, proprio il continente africano, e in particolare il Congo, è tra i primi produttori al mondo di coltan, una lega metallica che serve a costruire oggetti elettronici. Le miniere intorno a Goma brulicano di persone che vi lavorano a ritmi frenetici e in un ambiente pericoloso per estrarre il prezioso metallo.

Il metallo viene estratto in Africa al prezzo della vita dei minatori, portato (più raramente venduto) alle multinazionali che costruiscono computer e li vendono, producendo ricchezza, al nord del mondo, dove l’utilizzo di questi computer continua a produrre ricchezza.

Quando la tecnologia è obsoleta, torna in Africa al posto di essere smaltita, dove invece di produrre ricchezza provoca inquinamento e malattie.

CHI GUADAGNA E CHI PERDE

Sui rifiuti elettronici mandati in Africa l’Europa, o molto più debolmente gli USA, ha prodotto una legislazione. Il problema è che questa è quasi totalmente inefficace, in quanto non è sempre facile discernere tra le componenti obsolete ma funzionanti (anche se per poco) inviate nei paesi poveri con la scusa di modernizzarlo oppure le componenti completamente inutilizzabili. Comunque, nonostante la restrittività delle leggi, mancano quasi completamente i controlli.

Chi guadagna in questo commercio? Innanzi tutto le aziende, che risparmiano sullo smaltimento dei rifiuti, e gli stati ricchi, per lo stesso motivo. Guadagnano anche gli stati poveri o i potentati locali dei paesi sottosviluppati, che ricevono emolumenti, e, da ultimo, guadagna la criminalità organizzata che ha il suo tornaconto nell’organizzare il vero e proprio contrabbando di spazzatura.

Chi perde è ovviamente la popolazione dei paesi poveri, senza futuro né salute.

Marco Lioi

Fonte: www.terranauta.it

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