Afghanistan, ucciso un altro soldato italiano


Due operatori delle forze speciali italiane sono stati colpiti da proiettili durante un'operazione per la cattura di alcune persone che avevano piazzato poco prima un ordigno lungo una strada. Uno dei due, il tenente Alessandro Romani, di 36 anni, è morto, ferito non gravemente l'altro. E' avvenuto nel distretto di Bakwa, in Afghanistan. Inizialmente sembrava che i due militari non fossero considerati in pericolo di vita.
Kabul, spari su italiani: un morto

La vittima è un tenente romano
Il militare morto è il tenente Alessandro Romani, del IX Reggimento paracadutisti Col Moschin. Nato a Roma il 18 luglio 1974, aveva numerose esperienze in missione all'estero. Il collega ferito si chiama Elio Domenico Rapisarda.

Entrambi i militari sono stati colpiti alla spalla. Romani, secondo fonti della Difesa, era stato sottoposto in queste ore ad un'operazione chirurgica nell'ospedale statunitense "Role 2" di Farah.

Il comando italiano di Herat ha ricostruito le fasi che hanno portato al coinvolgimento dei soldati: un Predator, un aereo senza pilota, ha individuato due insorti che mettevano un ordigno esplosivo sulla strada che porta a Delaram. Il drone li ha seguiti e ha individuato la zona da cui sono partiti.

Da Herat si è alzato in volo un elicottero Ch47 con a bordo gli incursori della Task force 45 per catturare i due terroristi. Il Ch47 era scortato da due elicotteri Mangusta. Nella fase di avvicinamento al covo degli insorti i militari italiani sono stati fatti oggetti di numerosi colpi di arma da fuoco e due sono stati feriti, di cui uno mortalmente.

Napolitano addolorato
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha espresso alla famiglia - rendendosi interprete del profondo cordoglio del Paese - i sentimenti della sua affettuosa vicinanza e della piu' sincera partecipazione al loro grande dolore. Nella tragica circostanza, il Capo dello Stato ha altresì chiesto al Capo di Stato Maggiore della Difesa, gen. Vincenzo Camporini, di rendersi interprete presso l'Esercito dei suoi sentimenti di cordoglio, di commossa solidarietà e di partecipazione al dolore provocato dal luttuoso evento. Il Presidente ha inoltre fatto pervenire il suo incoraggiamento e un affettuoso augurio al primo Caporal maggiore Elio Domenico Rapisarda, ferito nello scontro a fuoco.

Schifani: "Caduto per la democrazia"
"Appresa la notizia della morte del Tenente del 9° Reggimento d'assalto Col Moschin Alessandro Romani, caduto nel corso di una operazione militare in Afghanistan, esprimo a nome mio personale e dell'intera Assemblea di Palazzo Madama, i sentimenti del più profondo e commosso cordoglio, pregandola di farli giungere ai familiari dell'ufficiale che ha sacrificato la vita per difendere la pace, la democrazia e la sicurezza nel mondo". E' quanto scrive il presidente del Senato Renato Schifani nel messaggio inviato al Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini.

Il cordoglio di Fini
Anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in un messaggio al Capo di Stato Maggiore, manifesta il suo cordoglio. "Nell'esprimere il sentimento di profonda gratitudine ai nostri soldati nell'area, il cui lavoro ed il cui sacrificio quotidiano costituiscono un presidio indispensabile contro le forze del terrore e della destabilizzazione, La prego di far pervenire alla famiglia del caduto le più sentite condoglianze ed un sincero augurio di pronto ristabilimento al nostro militare ferito".

Aperta un'inchiesta
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo processuale sulla morte di Alessandro Romani. Gli accertamenti sono coordinati dal procuratore aggiunto, Pietro Saliotti, capo del pool antiterrorismo della Capitale. Attentato con finalità di terrorismo il reato iscritto nel fascicolo. Il magistrato ha delegato i carabinieri del Ros ed il personale investigativo di stanza in Afghanistan di eseguire gli accertamenti.

Fonte : www.mediaset.it

Il Consiglio di sicurezza internazionale deve smettere di proteggere il dittatore Paul Kagame


L’attualità internazionale è ormai segnata dal rapporto delle Nazioni Unite sul genocidio degli hutu da parte del Fronte Patriottico Ruandese ( RPF ) impegnato in Congo tra il 1996 e il 1998. Dal giugno 2010, le autorità ruandesi stanno facendo di tutto per soffocare la pubblicazione della presente relazione. Le Nazioni Unite devono avere il coraggio di dire la verità sui crimini del RPF. Deve abbandonare il passato vergognoso e scandaloso che hanno portato alla sepoltura del rapporto Gersony, la relazione di Roberto Garreton e la relazione Hourigan. Alcuni osservatori hanno ritenuto che l’Alto Commissario per i diritti umani, il giudice Navanethem Pillay, ex giudice del TPIR e ex presidente della ICTR, non mollerà e vorrà che questa relazione sia pubblicata senza alterazione. Ma le forze negative costituite da lobby ben pagato dal RPF sicuramente si agiteranno perché la relazione non venga pubblicata. Kigali non risparmia sforzi per farlo. Il Ruanda minaccia di ritirare le sue forze dal Darfur. La minaccia del Ruanda è infantile. Le forze armate appartenenti ad un esercito che ha commesso crimini di genocidio e crimini contro l’umanità non meritano di essere incoronati con la dignità di essere chiamati “ Forze di intervento umanitario”. Diversi paesi sono pronti a sostituirli perché il costo della missione non è a carico del Ruanda. Il conto è pagato dai paesi industrializzati, compresi gli Stati Uniti in particolare. Il Ruanda deve smettere di ricattare. Deve assumersi la responsabilità di gravi crimini commessi in Ruanda e Congo. Si ricorda che le Nazioni Unite devono avere il coraggio di pubblicare un rapporto sui crimini di guerra e genocidio in Ruanda da parte dell’esercito di RPF dal 1990 fino ad oggi. Il tenente Ruzibiza ha parlato a lungo nel suo libro, ma è solo una piccola frazione di quanto è effettivamente accaduto. Egli non ha dato una descrizione sistematica e ignobili massacri di donne, bambini e anziani nei comuni di Byumba. Tra ottobre 1990 e luglio 1994, Byumba ha perso oltre il 80% della sua popolazione Hutu per mano dei soldati Tutsi del RPF. In Ruhengeri, i comuni di Butaro, Cyeru, Nyamugari, Kidaho, Kinigi furono teatro di massacri premeditati di civili innocenti. Io stesso sono testimone perché i miei genitori e le altre membri della mia famiglia sono stati uccisi dai soldati di RPF in questo periodo. Le Nazioni Unite sono in possesso di relazioni riguardanti i massacri, preparate da UNAMIR (contingente di pace presente nel Paese all’epoca ). Durante la sua conquista di Kibungo, Kigali, Butare e Kigali, l’RPF ha preso di mira tutti gli Hutu, indipendentemente dall’età e dal sesso delle vittime. Ci sono molti testimoni delle atrocità commesse in nome di ciò che l’RPF ha chiamato “pacificazione”. Esistono molti casi in cui RPF organizzava degli incontri con la popolazione, ufficialmente per mostrare loro le nuove autorità o per dare loro le direzioni, ma generalmente conclusi con un massacro puro e semplice dei presenti. Des Forges ne racconta un po’nel suo libro: “Leave none to tell the story”. I ruandesi non potranno mai riconciliarsi se la verità rimane nascosta. Come ci può essere una riconciliazione quandogli hutu innocenti sono stati sistematicamente incarcerati e condannati al carcere a vita mentre i criminali noti, arroganti ed ultra-estremisti del RPF sono glorificati in tutto il mondo e pretendono di guidare il Ruanda al loro piacere? La comunità internazionale deve ora riflettere seriamente sul futuro del Ruanda. Un Ruanda durevole sul piano di pace, di sviluppo e la serenità dei cuori dovrà esser costruita su una vera riconciliazione, la verità dei valori, la soppressione dell’ impunità, in uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge e un vero sistema di politica democratica . Niente di tutto questo esiste in Ruanda, ma la comunità internazionale è piena di elogi nei confronti del dittatore Kagame. Bisogna che questa comunità internazionale sappia che non costruisce, ma distrugge il Ruanda.

fonte: www.musabyimana.be , testo originale in lingua francese

Ruanda: documento Onu sul presunto genocidio, questa volta ai danni degli Hutu


Un massacro sistematico di Hutu compiuto in Congo dalle forze ruandesi. Lo dice un rapporto Onu che ipotizza il reato di genocidio

A puntare una torcia su quel pozzo buio che è diventato il Congo, si può solo prendere spavento. E infatti vengono i brividi a leggere il rapporto firmato dall'Alto Commissariato per i diritti umani dell'Onu, il primo tentativo di ricostruire e mappare la violenza consumatasi nel Paese africano tra il 1993 e il 2003. E' una parola in particolare che sintetizza tutte le atrocità elencate nelle 545 pagine: genocidio.

Non ci sono innocenti. Un paio di premesse sono necessarie prima di cominciare questo viaggio al centro della guerra: il documento redatto dall'Unhchr è solo una bozza e comunque anche nella sua forma definitiva non avrà il valore di un'indagine giudiziaria: non è quindi un elenco di prove ma, semmai, di elementi di prova sui quali si dovrà pronunciare poi un tribunale per decidere se ci sia stato un genocidio.
Nel monumentale dossier trovano posto tutti i protagonisti disonorati di quel massacro: i soldati di Angola, Ciad, Uganda, i pretoriani di Mobutu Sese Seko (padre e padrone dello Zaire, poi diventato Congo) e quelli di Laurent Kabila (che i ruandesi portarono al potere nell'ex colonia belga) e di suo figlio Joseph, le milizie Mai Mai, i paramilitari hutu dell'Interahamwe in fuga dal Ruanda e altre formazioni di macellai. D'altronde, la guerra in Congo del 1998-2003 è anche nota come Guerra Mondiale africana e vi si riversarono massacratori e saccheggiatori da ogni dove. Ma c'è un imputato in particolare che esce a pezzi dal documento: è il Ruanda. L'ombra del genocidio si allunga soprattutto su Kigali, vale a dire sul presidente Paul Kagame.

I paragrafi sul Ruanda. E' il 1994. In Ruanda si è appena consumato il genocidio dei Tutsi (800 mila morti) ad opera delle milizie Hutu che, sconfitte dall'esercito ruandese (Rpa), battono in ritirata. Una parte dei paramilitari si rifugerà in Congo dove verrà inseguita dai militari Tutsi. E' in questo contesto che matura un altro genocidio, quello di cui adesso potrebbe essere accusato il Ruanda, perché i massacri che seguirono gli assalti ai campi profughi non colpirono solo i membri dell'Interhamwe. Il rapporto insiste in molti passaggi sulle responsabilità di Kigali e dimostra come la violenza cui si abbandonò il suo esercito non è soltanto il frutto del clima di guerra ma il risultato di un piano politico diretto contro gli Hutu in quanto tali. Il paragrafo 512, ad esempio, parla di "attacchi sistematici che hanno fatto vittime nell'ordine di decine di migliaia tra Hutu di ogni nazionalità (non solo ruandesi, quindi, ndr)...la maggior parte delle vittime erano donne e bambini che non costituivano una minaccia per l'Rpa". Nel paragrafo 513 vengono esaminati i massacri di Rushturu (30 ottobre 1996) e Mugogo (18 novembre 1996): in queste due località del nord Kivu, i miliziani ruandesi separarono gli Hutu dalle altre etnie, dimostrando come la loro violenza avesse un obiettivo specifico. Nella pianura di Ruzizi, invece, furono allestite barriere per filtrare il flusso di profughi burundesi e ruandesi, in fuga dopo che i loro campi erano stati distrutti, per identificare i profughi Hutu e separarli dagli altri disperati. Il 514 contiene un elenco sterminato di villaggi attaccati dall'esercito ruandese, in cui "il massacro sistematico dei superstiti, l'uccisione di donne e bambini, gli stupri, l'uso di armi come bastoni, machete e martelli", raccontano di una violenza che non ha nulla a che fare con la guerra, tanto più che in molte località venivano convocate finte assemblee per radunare i profughi e trucidarli. Più esplicito il paragrafo 515, che descrive di assalti in cui sarebbero stati uccisi quasi esclusivamente donne e bambini, come a Kibumba, Osso, Mugunga, Hombo, Biriko, Kashusha, Shanje. Nel paragrafo 516 è descritto l'atto finale di una tremenda caccia a profughi Hutu cominciata nell'ottobre 1996 nei due Kivu e terminata con gli eccidi di Mbandaka e Wendji, il 13 maggio 1997, a duemila chilometri dai confini ruandesi: li hanno inseguiti per mesi e poi massacrati. E ad un "piano genocida" fa riferimento il 517.

Un problema politico. Ma qui la questione è solo in parte giuridica, perché qualsiasi giudizio di colpevolezza comporterà ricadute politiche e questo spiega perché il draft non si sia ancora trasformato in un documento ufficiale. Per il Ruanda, l'accusa di genocidio sarebbe un colpo tremendo. Kagame, che ha rimesso in piedi il Paese senza riuscire a pacificarlo, rischia di vedere la sua immagine di uomo dei miracoli offuscata irrimediabilmente, con la conseguente chiusura dei rubinetti delle donazioni internazionali. E la minaccia di ritorsione non si è fatta attendere, nella forma di un ritiro delle truppe ruandesi dai contingenti Onu. Per questo, la versione provvisoria del documento non piace nemmeno al Segretario Generale Ban Ki-Moon. Questo report rischia di mandare in fumo gli sforzi di Kagame di accreditarsi definitivamente come il pacificatore del Ruanda e di indebolirlo politicamente. Ipotesi che non piace nemmeno agli Stati Uniti, per i quali il presidente ruandese si è rivelato una pedina particolarmente utile nel continente. E' facile immaginare che la versione definitiva sarà quindi meno netta nelle accuse. Le ombre, però, rimangono tutte.

fonte: peacereporter.net

Mare nera, finalmente bloccata la fuoriuscita del petrolio.


La perdita di petrolio del pozzo Macondo nel Golfo del Messico è stata fermata per la prima volta da aprile. Lo ha annunciato la British Petroleum al termine del test sulla tenuta della struttura. Le valvole della nuova struttura di contenimento sono state tutte chiuse e il petrolio non fuoriesce più, ha annunciato il vice-presidente di Bp Kent Wells.
Bp:falla fermata per la prima volta

Il blocco del flusso serve a Bp per misurare la pressione all'interno della cupola. Se sale e resta alta è un buon segno: il pozzo tiene. Se invece non sale o non regge, significa che c'è una perdita altrove e che il pozzo è danneggiato. Bp sta facendo salire la pressione lentamente nella cupola. Il test dovrebbe durare 48 ore a intervalli di sei ore.

Secondo gli esperti per 13 settimane si sarebbero riversati in mare dai 35 ai 60mila barili di petrolio.

Fonte: www.mediaset.it

Il Tar del Piemonte accoglie in parte uno dei ricorsi inerenti presunte irregolarità voto scorso


Il Tar del Piemonte ha accolto in parte uno dei ricorsi inerenti presunte irregolarità di due liste di sostegno al governatore della Lega Nord, Roberto Cota. La sentenza apre la strada verso il riconteggio delle schede delle due liste di centrodestra.
Voto Piemonte,accolta parte ricorso

Le liste per le quali è stato parzialmente accolto il ricorso sono "Consumatori" e "Al Centro con Scanderebech". Il riconteggio parziale riguarderà quindi i voti di queste due liste che hanno appoggiato l'elezione di Cota. Respinto, invece, il ricorso nei confronti della lista "Verdi Verdi". Sulla lista "Pensionati per Cota" il tribunale ha sospeso il giudizio per consentire ai ricorrenti di presentare querela per falso. La nuova udienza del Tar è fissata per il 7 ottobre.

Luca Procacci, il legale che ha assistito il presidente del Piemonte davanti al Tar, prima della sentenza aveva dichiarato che "Roberto Cota è diventato governatore con i voti diretti a lui, e non con i voti di lista" e che nel sistema elettorale regionale le questioni sulle liste sono secondarie rispetto alla centralita' della figura del presidente.

Procacci ha messo in rilievo il fatto che è stata impugnata la "proclamazione degli eletti" sulla base di presunte irregolarità di un paio di liste. "Ma l'elettore ha votato in buona fede. E allora è da opportunisti stare alla finestra, in attesa dell'esito del voto, e poi ricorrere. E' un vulnus alla democrazia".

Fonte: www.mediaset.it

Anna Frank nel romanzo Annexed descritta mentre fa sesso


"Una trovata di pessimo gusto". Così la Fondazione Anna Frank di Amsterdam ha bollato la prossima uscita in Gran Bretagna di "Annexed" della scrittrice, specializzata in libri per teenager, Sharon Dogar. La parte sotto accusa del romanzo sulla vita della giovane ebrea riguarderebbe la scena di sesso tra Anna e Peter van Pels, un giovane costretto come lei a vivere recluso nel sottotetto della città olandese per sfuggire alle persecuzioni naziste.
Gb,Anna Frank fa sesso in un romanzo: è polemica

Il romanzo, che dovrà uscire nelle librerie inglesi intorno al mese di settembre, ha suscitato le critiche anche dell'ultimo l'ultimo componente vivente della famiglia Frank, Buddy Elias. Che, dopo aver preso visione delle bozze di "Annexed", ha rilevato come i personaggi della tragica e veritiera storia del 1942-45 non sono stati descritti in modo realistico. Senza criticare espressamente gli aspetti amorosi e sessuali del libro, Elias lo considera "mal riuscito". "Anna non era come la ragazza che viene descritta in questo libro e penso che il suo destino terribile non dovrebbe essere utilizzato per una storia romanzesca", ha detto Elias.

A surriscaldare la discussione contro "Annexed" è intervenuta anche la cofondatrice e direttrice della Fondazione Anna Frank, Gillian Walnes, la quale ha espresso la propria netta contrarietà nei confronti del libro della Dogar. "La storia di Anna non dovrebbe essere l'oggetto di un romanzo", ha detto. Walnes ha osservato anche che Anna nelle pagine del suo diario racconta sì dell'innamoramento nei confronti di Peter, ma che non c'è nessun indizio che possa far pensare ad una presunta relazione sessuale. "Quello di Anna è un diario puro, pulito, scritto a cuore aperto", ha aggiunto Walnes.

Charlie Sheppard, direttore della casa editrice inglese Andersen che pubblicherà il romanzo, ha dichiarato che la scrittrice inglese "ha letto e riletto il diario di Anna Frank e si è convinta che Anna e Peter abbiano fatto sesso". Tuttavia la "scena hot" sarebbe stata presente solo nella prima versione, quella letta da Buddy Elias. "Adesso è stata rimossa", ha detto l'editore. Da parte sua la Dogar si difende facendo presente che solo poche pagine di "Annexed" parlano della relazione amorosa tra Anna e Peter mentre la restante parte si sofferma su Auschwitz.

Fonte: www.mediaset.it

Il generale McChrystal è stato rimosso dal comando delle operazioni militari in Afghanistan



L'intervista avvelenata rilasciata al settimanale Rolling Stone è costata al generale Stanley McChrystal la rimozione dal comando delle operazioni militari in Afghanistan. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, dopo aver incontrato McChrystal alla Casa Bianca, Obama lo ha sostituito con il generale David Petraeus. McChrystal è stato informato da Obama in un breve colloquio di appena 20 minuti. Come reazione, il generale ha lasciato bruscamente la Casa Bianca e non è tornato per la riunione strategica del Consiglio di Guerra nella Situation Room.
Il secondo alto graduato "decapitato" - McChrystal è il secondo generale rimosso da Obama in Afghanistan da quando è alla Casa Bianca: l'anno scorso il presidente aveva sollevato dall'incarico David McKiernan giudicato troppo prudente e troppo poco creativo per vincere la guerra. La stampa americana era stata la prima a fare la guerra a McChrystal dopo aver letto le sue dichiarazioni al vetriolo, rilasciate a Rolling Stone, sull'incapacità dell'amministrazione americana nel gestire la situazione in Afghanistan, e i pesanti insulti alle autorità locali.
Parole come proiettili - Su Rolling Stone, Stanley McChrystal salva solo Hillary Clinton, il segretario di Stato Usa, ma non i suoi collaboratori in Afghanistan: Richard Holbrooke, è un pericoloso "animale ferito", mentre l'ambasciatore Karl Eikenberry pensa soprattutto al ricordo che lascerà nei libri di storia. Il generale responsabile per le operazioni Usa e Nato in Afghanistan, nell'articolo che ha sollevato un polverone alla Casa Bianca, non parla mai direttamente dell'ex first lady, con la quale è andato d'altronde sempre d'accordo. Ma l'autore dell'articolo esplosivo, Michael Hastings, scrive che "Solo Hillary Clinton riceve buone recensioni dallo stretto entourage di McChrystal", che ha avuto parole durissime per tutti (o quasi) i responsabili politici coinvolti nella guerra in Afghanistan. Secondo Hastings, la Clinton "ha avuto l'appoggio di McChrystal durante la revisione strategica" della dottrina militare Usa, anche perché non ne ha mai contestato le vedute. Ancora nell'intervista incriminata un ministro francese viene bollato come "fottuto gay", i soldati alleati dell'Isaf trattati alla stregua di un'armata brancaleone di militari "in sandali da spiaggia". Mullah McChrystal, come lo chiamano i suoi commilitoni dopo che ha imposto il bando dell'alcol e dei fast food, è un asceta che preferisce le Bud Light al Bordeaux e al whisky, loro amano i bar dove si ubriacano come spugne: Il legame è forte e reciproco: "Tutti questi uomini", dice il generale al giornalista di Rolling Stone: "Morirei per loro, loro morirebbero per me". Il generale e il suo Team America, scrive Hastings, arrivando a Kabul si erano prefissidi cambiare la cultura dell'Isaf, ora con i suoi commenti avventati McChrystal rischia di cambiare le sorti della guerra.
Obama perde i pezzi - Prima di Stanley McChrystal l'amministrazione Obama ha perso fino ad oggi sei pezzi: in 17 mesi quattro alti funzionari e un generale hanno lasciato l'incarico. Di questi almeno uno, l'ex capo dell'intelligence nazionale Dennis Blair, è stato messo alla porta. La prima a lasciare la Casa Bianca dopo una gaffe sulla Fox Tv era stata lo scorso novembre la capo delle comunicazioni della Casa Bianca Anita Dunn. L'avvocato della Casa Bianca Gregory Craig si è dimesso in gennaio dopo mesi di tensioni su come chiudere Guantanamo. Di lì a poco se n'era andata Desiree Rogers, la prima afro-americana capo del cerimoniale, travolta dallo scandalo di due 'imbucati' a un banchetto di stato della Casa Bianca. Dennis Blair è stato invitato a dimettersi dal coordinamento delle 16 agenzie di spionaggio americane a fine maggio dopo una serie di fallimenti dell'intelligence emersi in seguito a una catena di futuri attetati contro gli Stati Uniti. E' invece di martedì la conferma dell'uscita di Peter Orszag, il direttore del budget: lascerà prima del nuovo bilancio a luglio.

Fonte: Redazione Tiscali

Afghanistan, militare italiano morto in un incidente


Un militare italiano del 32esimo Reggimento Genio, il caporale scelto Francesco Saverio Positano, è deceduto a seguito di un incidente avvenuto nel corso di una ricognizione nei pressi di Shindand, in Afghanistan. Secondo le ricostruzioni dei militari, la colonna di veicoli italiani era ferma per la verifica di un tratto della strada tra Shindand a Herat, quando il giovane ha perso l'equilibrio cadendo e riportando un forte trauma cranico.

In pochi minuti sul posto è arrivata un'equipe medica che ha trasportato il militare, già in gravissime condizioni, all'ospedale da campo statunitense di Shindand, dove è morto poco dopo nonostante i tentativi di rianimazione. Il militare sarebbe caduto da uno dei mezzi blindati detto "Buffalo".

Residente a Pianezza, in provincia di Torino, sposato, si era arruolato nel 1998 ed era arrivato in Afghanistan, dove aveva già svolto due delle sette missioni che aveva all'attivo, il 19 marzo scorso. Alla famiglia del caporale sono arrivate lecondoglianze del presidente del Senato Renato Schifani, del presidente della Camera Gianfranco Fini, del ministro della Difesa Ignazio La Russa e del capo di Stato Maggiore dell'Esercito Giuseppe Valotto. ''Il suo Francesco Saverio - ha scritto La Russa in un telegramma inviato alla moglie - generosamente impegnato in una missione di grande valore umanitario, rimarrà per sempre nel ricordo di chi crede nella pace e nella solidarietà fra i popoli''

Un minuto di silenzio alla Camera
L'aula della Camera ha osservato un minuto di silenzio in ricordo del militare. Il presidente di turno, Antonio Leone, ha espresso il cordoglio a nome dell'assemblea di Montecitorio.
Voto:

fonte: mediaset.it

Arriva l'estate e google ne dedica il logo

L'estate meteorologica comprende invece per convenzione i mesi di giugno, luglio e agosto nell'emisfero boreale, quelli di dicembre, gennaio e febbraio in quello australe. L'estate meteorologica è la stagione in cui le temperature sono più elevate e l'aria è più calda. Nell'estate astronomica la durata del dì progressivamente incomincia a diminuire e, conseguentemente, ad allungarsi quella della notte.
L'estate astronomica ha inizio il giorno del solstizio d'estate (20 o 21 giugno, nell'emisfero australe il 21 o 22 dicembre) e termina nel giorno dell'equinozio d'autunno (22 o 23 settembre, nell'emisfero australe 20 o 21 marzo). Si tratta del periodo dell'anno in cui il sole, raggiunto il suo punto più alto sull'orizzonte, il 20 giugno, inizia a scendere, fino al 22 settembre, giorno dell'equinozio d'autunno, quando la durata del giorno è uguale a quella della notte. In media, durante l'estate astronomica, si raggiungono le temperature più alte nella seconda metà di luglio, ma a tale riguardo non bisogna confonderla con l'estate meteorologica.
Il solstizio in astronomia è definito come il momento in cui il Sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l'eclittica, il punto di declinazione massima o minima [1]. Il fenomeno è dovuto alla inclinazione dell'asse di rotazione terrestre rispetto l'eclittica; il valore di declinazione raggiunta coincide con l'angolo di inclinazione terrestre e varia con un periodo di 41000 anni tra 22.1° e 24.5°.

Il Sole raggiunge il valore massimo di declinazione positiva nel mese di giugno in occasione del solstizio di estate boreale, mentre raggiunge il massimo valore di declinazione negativa in dicembre, in occasione del solstizio di inverno boreale, corrispondente all'estate nell'emisfero australe.

Da un esame di una tabella dei tempi dei solstizi si può verificare che il fenomeno ritarda di circa sei ore ogni anno (5 ore, 48 minuti e 46 secondi per la precisione), salvo subire un nuovo riposizionamento indietro ogni quattro anni, in conseguenza degli anni bisestili, introdotti proprio per evitare un progressivo disallineamento delle stagioni con il calendario. A causa di queste variazioni può capitare che il solstizio astronomico cada il 20 o il 21 giugno per l'estate nell'emisfero nord o il 21 o 22 dicembre per l'inverno nell'emisfero nord.
In astronomia, si definiscono equinozi i due istanti nel corso dell'anno in cui il Sole si presenta all'intersezione tra l'eclittica e l'equatore celeste.
Date degli equinozi [1]
(Tempo universale)
Anno Equinozio di
primavera
(Marzo) Equinozio
d'autunno
(Settembre)
2000 20 Mar 07:35 22 Set 17:27
2001 20 Mar 13:31 22 Set 23:04
2002 20 Mar 19:16 23 Set 04:55
2003 21 Mar 01:00 23 Set 10:47
2004 20 Mar 06:49 22 Set 16:30
2005 20 Mar 12:33 22 Set 22:23
2006 20 Mar 18:26 23 Set 04:03
2007 21 Mar 00:07 23 Set 09:51
2008 20 Mar 05:48 22 Set 15:44
2009 20 Mar 11:44 22 Set 21:18
2010 20 Mar 17:32 23 Set 03:09
2011 20 Mar 23:21 23 Set 09:04
2012 20 Mar 05:14 22 Set 14:49
2013 20 Mar 11:02 22 Set 20:44
2014 20 Mar 16:57 23 Set 02:29
2015 20 Mar 22:45 23 Set 08:20
2016 20 Mar 04:30 22 Set 14:21
2017 20 Mar 10:28 22 Set 20:02
2018 20 Mar 16:15 23 Set 01:54
2019 20 Mar 21:58 23 Set 07:50
2020 20 Mar 03:49 22 Set 13:30
Illuminazione della Terra all'equinozio

La parola "equinozio" deriva dal latino e significa "notte uguale" [al dì]. La definizione puramente teorica di lunghezza del dì si riferisce all'intervallo di tempo compreso fra due intersezioni temporalmente consecutive del centro apparente del disco solare con l'orizzonte del luogo geografico. Usando questa definizione, la lunghezza del dì risulterebbe di 12 ore. In realtà, gli effetti di rifrazione atmosferica, il semidiametro e la parallasse solare fanno sì che negli equinozi la lunghezza del dì ecceda quella della notte[2]. Gli equinozi di marzo e settembre sono i due giorni dell'anno nei quali hanno inizio primavera e autunno. Agli equinozi, intesi come giorni di calendario, il Sole sorge quasi esattamente ad est e tramonta quasi esattamente ad ovest; ma non esattamente, in quanto (per definizione) l'equinozio è un preciso istante che quindi può, al massimo, coincidere con uno dei due eventi, ma non prodursi due volte nell'arco di 12 ore.

Nell'emisfero settentrionale, l'equinozio di marzo (che cade il 20 o 21 marzo) è l'equinozio di primavera, e l'equinozio di settembre (che cade il 22 o il 23 settembre) è l'equinozio d'autunno; nell'emisfero meridionale, questi termini sono invertiti.

Gli equinozi possono essere considerati anche come punti nel cielo. Anche se la luce diurna nasconde le altre stelle, rendendo difficile vedere la posizione del sole rispetto agli altri corpi celesti, il Sole ha una posizione definita relativa alle altre stelle.

Fonti: dall'enciclopedia libera

Possibile uscita della Germania dall'Euro

Diversi notiziari e bollettini finanziari tedeschi riportano le forti dichiarazioni di Ansgar Belke, direttore di ricerca nell'Istituto tedesco per la Ricerca Economica (DIW - Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung): in perfetto accordo con i tempi, l'economista ha valutato che "legalmente, un'uscita volontaria dall'unione monetaria è possibile". Belke è entrato nei dettagli dicendo che "in primo luogo, il marco tedesco dovrebbe essere reintrodotto come unità di conto, con un cambio fisso [rispetto all'euro] per circa un anno. Durante tale periodo, l'euro rimarrebbe la moneta ufficiale mentre verrebbero stampate e coniate [rispettivamente] nuove banconote e monete, destinate a circolare [legalmente] l'anno successivo. Tutte le monete e le banconote in euro sarebbero quindi abolite e l'euro diventerebbe a sua volta una unità di conto. Nell'ultima fase, il cambio valutario tra le due monete sarebbe sospeso, e il marco tedesco ritornerebbe nuovamente indipendente".

Benché Belke ci stia spiegando come si potrebbe, a suo avviso, abbandonare l'euro, non è favorevole a queste misure.

Alfonso Tuor, economista e vicedirettore de Il Corriere del Ticino, già in colloquio con MoviSol sulle frequenze di Radio Padania, si è spinto oltre. In un'intervista per l'EIR, ha sostenuto che "l'uscita della Germania dall'euro deve avvenire dalla sera alla mattina. Non si può fare in un anno; deve essere fatto dalla sera alla mattina, o in un fine settimana. L'annuncio deve essere dato a sorpresa, per esempio dicendo: 'Avete tempo 30 giorni per convertire i vostri euro in marchi tedeschi, e decidere se volete che il vostro debito sia denominato in marchi o in euro'... Deve essere fatto come Nixon fece con l'oro".

La questione del changeover fisico tra le monete è irrilevante, per Tour. "Il denaro circolante è davvero poco. Le masse monetarie sono principalmente elettroniche". Il cambio tecnico tra banconote "è un gioco da ragazzi", da potersi fare successivamente.

Tuor è convinto che la Germania uscirà dall'unione monetaria nel giro di 2-3 mesi, "o anche in un mese". Infatti, nel sistema finanziario "sta venendo giù tutto". Ha poi aggiunto: "Non vedo chi possa intervenire" per fermare questo processo. Il crollo dei mercati azionari sta dando altri effetti, nello svalutare i collaterali delle banche. È una reazione a catena.

"Sono convinto che la partecipazione della Germania nel pacchetto di salvataggio sia il prezzo pagato da quella nazione per uscire dall'euro", ha concluso. In altre parole, presto la Germania dirà: abbiamo già dato, ma ora è finita. Torniamo al marco.

Fonte: www.movisol.org

Freedom Flotilla, Israele attacca la flotta con aiuti: decine di morti


Almeno sedici passeggeri della flotta internazionale di attivisti pro-palestinesi che si dirigeva verso Gaza sono rimasti uccisi durante l'assalto di un commando israeliano. Lo ha annunciato la catena televisiva privata israeliana "10". Anche Hamas ha denunciato l'arrembaggio della flottiglia di aiuti umanitari e di attivisti filopalestinesi da parte della marina israeliana, affermando che si tratta di "terrorismo organizzato di stato".
M.O.,assalto a nave pro Gaza: morti

Nell'arrembaggio, secondo la tv privata israeliana, sarebbero morte sedici persone mentre secondo i media turchi sono morte due persone e diverse altre sono state ferite. La stampa israeliana ha riferito che un ferito è stato trasportato in elicottero in un ospedale di Haifa. Le sue condizioni, a quanto si è appreso, sono di media gravità.

Il portavoce militare israeliano non ha finora rilasciato alcun comunicato in merito all'operazione della marina al largo di Gaza.

La radio israeliana ha riferito che ad Ankara il governo turco è stato convocato in seduta di emergenza e che l'ambasciatore di Israele è stato convocato al ministero degli Esteri per una protesta. Alcune navi della flottiglia battono bandiera turca e una Ong turca sarebbe uno dei principali organizzatori dell'intera operazione di invio di una flottiglia di aiuti a Gaza sotto assedio.

Israele, che nega che a Gaza sia in atto una crisi umanitaria, aveva ripetutamente avvertito che avrebbe impedito alla flottiglia di arrivare a Gaza ma si era offerto di far pervenire a destinazione gli aiuti, dopo ispezione, tramite un valico terrestre. Per Israele, perciò, l'intera operazione è una "provocazione" studiata con l'intento di diffamare la sua immagine agli occhi del mondo.

Per Hamas i morti sono venti
E' di 20 morti il bilancio degli scontri avvenuti a bordo della flotta di una ong diretta a Gaza secondo un portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri. Quest'informazione, fornita in una intervista in tv, non ha per ora altra conferma.

Censura israeliana su morti e feriti
La censura israeliana ha vietato la diffusione di notizie su morti e feriti nell'arrembaggio da parte della marina militare israeliana al largo di Gaza.

Navi flottiglia dirottate a Haifa
Le navi della flottiglia sono dirottate dalla marina israeliana nel porto di Haifa e non di Ashdod dove si sono raccolti gli inviati di media di tutto il mondo, secondo fonti stampa israeliane.

Ministro Israele: "Rammarico per vittime"
Il ministro israeliano per il Commercio e l'Industria ha espresso il proprio "rammarico per tutte le vittime" dell'assalto della marina alla flotta di attivisti pro-palestinesi diretti a Gaza. "Le immagini non sono certo piacevoli. Posso solo esprimere rammarico per tutte le vittime" ha detto il ministro Binyamin Ben-Eliezer, alla radio dell'esercito.

Ministro Turchia: "Attacco inaccettabile"
Il ministero degli Esteri turco ha espresso la propria vibrata protesta all'ambasciatore israeliano in Turchia per il grave attacco, definendolo ''inaccettabile''.

Fonte: www.mediaset.it

India, aereo esce di pista e prende fuoco. E' strage


Un aereo è uscito di pista e ha preso fuoco all'atterraggio in uno scalo nel sud dell'India. A bordo, hanno riferito le autorità aeroportuali, c'erano 172 persone, 163 passeggeri e 9 membri dell'equipaggio. Il ministro dell'Interno dello stato meridionale indiano di Karnataka, V.S. Acharya, ha confermato che almeno 160 persone sono morte nell'incidente. Si è appreso che "molte delle vittime sono emigrati dello stato del Kerala".

Ci sono alcuni superstiti nel disastro aereo a Mangalore, nel sud dell'India, costato la vita ad almeno 160 persone. A bordo, secondo i dati forniti dalla compagnia Air India, c'erano 160 passeggeri e sei membri dell'equipaggio. ''Almeno cinque o sei persone sono state portate in ospedale, si ignorano le loro condizioni'', ha detto il ministro dell'Interno dello stato di Karnataka V.S. Acharya. ''L'aereo si è spezzato in due, io sono saltato fuori dopo lo schianto e ho visto altre due persone venir fuori'', ha detto alla tv locale TV9 un sopravvissuto dall'ospedale.

Potrebbe essere stata la scarsa visibilità a causare il disastro aereo. E' una delle ipotesi dei media indiani. In questi giorni il sud del paese è interessato dall'arrivo del monsone estivo. Al momento dell'atterraggio c'era maltempo e molta foschia. Le autorità hanno però precisato che l'aeroporto internazionale della città è dotato di strumentazioni moderne.

L'aeroporto di Mangalore, nello stato meridionale di Karnataka, era stato inaugurato appena la settimana scorsa. In particolare, le due piste di atterraggio erano stata allungate per permettere l'arrivo di aerei più grandi. Era stato aperto anche un nuovo terminal per passeggeri e per aerei cargo in previsione di un forte aumento del traffico aereo, soprattutto verso il Golfo. Secondo i media indiani, il ministro dell'aviazione Praful Patel aveva proposto lo status di scalo internazionale.

E' uno dei più gravi incidenti aerei nella storia dell'India. A causa del disastro la leader del partito del Congresso Sonia Gandhi ha cancellato le celebrazioni per il primo anniversario dell'insediamento per un secondo mandato legislativo, il 22 maggio 2009, della coalizione Upa (United Progressive Alliance) guidata dal Congresso.

Fonte: www.mediaset.it

Il megasalvataggio dell'euro? Abuso di potere da parte delle istituzioni europee


In un editoriale del Wiesbadener Kurier di ieri, con il titolo "Senza legittimità democratica", Hans-Joachim Jentsch, un ex membro della Corte Suprema tedesca (1996-2005) ora tra le fila del partito CDU, attacca il megasalvataggio dell'euro e la sua approvazione parlamentare. "Apriamo una diga che non sapremo richiudere", in palese violazione di una clausola specifica posta a fondamenta della stessa unione monetaria europea, ha scritto Jentsch. Quel che è peggio è che si tratta, inoltre, di un abuso di potere da parte delle istituzioni europee a spese delle sovranità nazionali, come ha chiaramente indicato la decisione della Corte Costituzionale tedesca in merito al Trattato di Lisbona. "Con la giustificazione della necessità di un meccanismo di stabilizzazione europea, non si sta facendo altro che trasferire la sovranità dagli stati nazionali all'Unione Europea, superando i trattati europei stessi, il che significa un colpo di stato a freddo".

Jentsch attacca in particolar modo José Manuel Barroso, Presidente della Commissione Europea, che avrebbe affermato "L'euro sarà difeso, a qualunque costo", facendo in sostanza appello ad una "palese noncuranza dei trattati esistenti e della legittimità democratica. È irresponsabile".

Che nella CDU stia crescendo forte la resistenza al piano di salvataggio si capisce dalle note critiche espresse da Norbert Lammert. Il presidente del Bundestag s'è lamentato per la fretta con cui l'organo da lui presieduto sta decidendo sui contributi tedeschi al sistema europeo di protezione finanziaria. Rispondendo alle domande del Kölner Stadtanzeiger, Lammert ha detto che "i tempi stretti" dovrebbero essere esaminati in "modo auto-critico".

Dopo il voto del Bundestag, il parlamentare della CSU Peter Gauweiler ha presentato un ricorso costituzionale contro il pacchetto. Gauweiler, che riscosse una mezza vittoria col suo ricorso contro il Trattato di Lisbona, è affiancato dal costituzionalista Dietrich Murswiek, che lo rappresentò già in quel ricorso (vedi l'intervista del 2009 a Murswiek "Germania: schiaffo costituzionale al Trattato di Lisbona").

Fonte: www.movisol.org

Gb, spot pro-aborto divide gli inglesi


Non è stato ancora mandato in onda e sta già dividendo l'Inghilterra, l'oggetto in questione è uno spot il cui tema è pro-aborto. Il video è finanziato dalla Marie Stopes Organisation, un'associazione no-profit che assiste le donne che vogliono abortire, e sta suscitando polemiche in tutta la nazione. I gruppi pro-vita gridano all'oltraggio e alcune società per il diritto alla nascita stanno intentando causa per vientarne la trasmissione.
Gb, spot pro-aborto fa scandalo. In onda a giorni: causa per fermarlo (Telegraph)

Secondo il Telegraph, il filmato in questione sarà trasmesso da Channel 4 nel Regno Unito a eccezione dell'Irlanda del Nord, dove l'aborto è ancora illegale. Tra le polemiche il direttore della Marie Stropes, Julie Douglas, alza la voce spiegando che lo spot "fornisce informazioni alle donne affinché possano rivolgersi a persone che non le giudicheranno nella scelta per nulla semplice dell'aborto". ''Lo scorso anno abbiamo ricevuto 350mila telefonate. E' chiaro che ci sono centinaia di migliaia di donne che vogliono e hanno bisogno di informazioni sulla loro salute sessuale, sulla consulenza e sull'accesso ai servizi'', ha dichiarato un portavoce dell'organizzazione.

Il video
Lo spot mostra una ragazza alla fermata di un autobus e poi la domanda: ''Sei in ritardo?''. Alla fine del filmato compare il numero verde dell'associazione.

Associazioni pro-vita
Tuttavia, secondo la Società per la protezione dei bambini non nati Marie Stopes ha ''interesse finanziario a incrementare la domanda di aborti''. L'associazione, finanziata dal Servizio sanitario nazionale inglese, effettua ogni anno 65mila aborti. Anthony Ozimic, un portavoce del gruppo antiabortista, ha affermato: ''Né a Marie Stopes né ad associazioni simili dovrebbe essere permesso pubblicizzare l'uccisione di bambini ancora non nati. Stiamo ricevendo consulenza riguardo alla legalità dello spot''. Secondo i critici dell'iniziativa, l'organizzazione starebbe approfittando della mancanza di regolamentazione sul tema.

Secondo la legge britannica
La legge britannica vieta solo a chi trae profitti dalle interruzioni volontarie di gravidanza, come le cliniche, di pubblicizzare la propria attività.

Nel 2008 gli aborti nel Regno Unito sono stati 215.975, dei quali 20mila su donne provenienti dall'estero.

Fonte: www.mediaset.it

Lo scandalo dei rifiuti elettronici mandati in Africa



Secondo i calcoli dell’Onu, ogni anno il mondo produce circa 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. La stragrande maggioranza di questi rifiuti sono prodotti nel Nord del Mondo, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa.

Computer, telefonini, televisori, radio e altri oggetti vanno a ingrossare le fila dei rifiuti elettronici mandati in Africa.

Certo, i rifiuti elettronici mandati in Africa sono una parte del totale della spazzatura inviata in quel continente; tuttavia, questa parte è particolarmente significativa per due motivi. Innanzi tutto perché mostra come l’Africa continui ad essere un continente sfruttato dai paesi ricchi sia dal punto di vista produttivo che dal punto di vista politico-sociale. Secondariamente, i rifiuti elettronici mandati in Africa si rivelano particolarmente dannosi per la salute degli abitanti e per la salubrità dei luoghi stessa.

UN PROBLEMA DI COSTI

Partiamo dal secondo motivo di importanza.

In Africa questi rifiuti vengono sistemati in delle sterminate discariche nelle quali i ragazzi, o più spesso i bambini, bruciano la plastica degli oggetti elettronici per recuperare i metalli, come rame e ferro, con l’obiettivo di rivenderli per una miseria. Quella miseria purtroppo fa comodo alle famiglie dei ragazzi di 10 anni che si avvelenano il corpo procurandosi tumori ai polmoni, alla gola e al cervello.

Il problema è che lo smaltimento dei rifiuti è troppo costoso se fatto in Europa, in quanto esistono leggi da rispettare. Di conseguenza lo si fa in Africa, senza regole né controlli. Inviando tonnellate di spazzatura in un paese povero si saccheggia anche il futuro di quello stato, condannando molti dei suoi abitanti a una morte prematura.

DALL’AFRICA ALL’AFRICA ARRICCHENDO EUROPA E AMERICA

Inoltre, proprio il continente africano, e in particolare il Congo, è tra i primi produttori al mondo di coltan, una lega metallica che serve a costruire oggetti elettronici. Le miniere intorno a Goma brulicano di persone che vi lavorano a ritmi frenetici e in un ambiente pericoloso per estrarre il prezioso metallo.

Il metallo viene estratto in Africa al prezzo della vita dei minatori, portato (più raramente venduto) alle multinazionali che costruiscono computer e li vendono, producendo ricchezza, al nord del mondo, dove l’utilizzo di questi computer continua a produrre ricchezza.

Quando la tecnologia è obsoleta, torna in Africa al posto di essere smaltita, dove invece di produrre ricchezza provoca inquinamento e malattie.

CHI GUADAGNA E CHI PERDE

Sui rifiuti elettronici mandati in Africa l’Europa, o molto più debolmente gli USA, ha prodotto una legislazione. Il problema è che questa è quasi totalmente inefficace, in quanto non è sempre facile discernere tra le componenti obsolete ma funzionanti (anche se per poco) inviate nei paesi poveri con la scusa di modernizzarlo oppure le componenti completamente inutilizzabili. Comunque, nonostante la restrittività delle leggi, mancano quasi completamente i controlli.

Chi guadagna in questo commercio? Innanzi tutto le aziende, che risparmiano sullo smaltimento dei rifiuti, e gli stati ricchi, per lo stesso motivo. Guadagnano anche gli stati poveri o i potentati locali dei paesi sottosviluppati, che ricevono emolumenti, e, da ultimo, guadagna la criminalità organizzata che ha il suo tornaconto nell’organizzare il vero e proprio contrabbando di spazzatura.

Chi perde è ovviamente la popolazione dei paesi poveri, senza futuro né salute.

Marco Lioi

Fonte: www.terranauta.it

Gaza's First Festival for Video Art 2010

Lo spazio intorno a noi è limitato, le nostre idee sono illimitate". Per ampliare gli orizzonti, non solo artistici, della vita culturale di Gaza, il 19 giugno inizierà il Gaza's First Festival for Video Art 2010. Le iscrizioni si chiuderanno il prossimo 21 maggio.

L'idea è nata da "Finestre da Gaza per l'arte contemporanea", un gruppo che riunisce alcuni artisti palestinesi della Striscia. Il blocco imposto dal governo israeliano ha danneggiato, oltre a tutto il resto, anche la vita culturale e artistica, rimasta vittima di una situazione diventata ormai soffocante per tutta la popolazione locale.
In merito a questa iniziativa, PeaceReporter ha intervistato Shareef Sarhan. Nato a Gaza nel 1976, Shareef è tra i promotori e organizzatori di questa iniziativa. Artista, fotografo professionista e scenografo, Shareef è anche tra i fondatori dell'associazione "Finestre da Gaza".

Come è nata l'idea di organizzare un festival internazionale di arte visiva a Gaza?
E' un'idea a cui lavoriamo da tempo e nasce da moltissime ragioni, tra cui soprattutto la situazione sociale in cui ci troviamo a vivere. Vogliamo entrare in contatto con nuove e diverse espressioni culturali, nuove idee che provengono da società diverse dalla nostra. Poi, certamente, una delle ragioni è il blocco su Gaza: questo festival è una forma di comunicazione che può far conoscere agli altri la nostra realtà, un tentativo per rompere questo assedio. L'idea di organizzare un festival, qui a Gaza, è arrivata dopo che noi di "Finestre da Gaza per l'arte contemporanea" abbiamo fatto diversi esperimenti in esposizioni internazionali. Intanto qui nella nostra terra c'erano moltissimi nuovi lavori, un bagaglio importante per le comunità locali. La nostra idea è un po' quella di spostare tutto il mondo a Gaza visto che noi artisti non possiamo uscire per andare incontro a questo mondo e conoscerlo di persona.

Quanti progetti avete ricevuto?
Fino a questo momento abbiamo ricevuto circa 80 lavori video, ma ci sono ancora quattro giorni prima del termine del bando e siamo sicuri che arriveremo ad ottenere 100 video. Poi però saremo noi a dover lavorare per decidere quali film scegliere e quali rifiutare.

Cosa vi aspettate dall'iniziativa?
Quello che ci aspettiamo, soprattutto, è di provare a rompere questo blocco su Gaza e di far conoscere i lavori, le culture e le nuove forme d'arte di città e stati di cui noi abbiamo solo sentito parlare. Questo credo che avrà un effetto sulla gente di qui e anche sugli artisti locali, sia a Gaza che in tutta la Palestina. Il festival infatti sarà presentato a Gerusalemme, Ramallah, Betlemme e probabilmente anche a Nablus, Rafah e Jabaliia (quest'ultime rispettivamente nel sud e nel nord della Striscia di Gaza). Si tratta di un'occasione nuova per far conoscere allo spettatore palestinese l'arte sia dalla Palestina stessa che del resto del mondo. Questo per noi sarà già un successo.

Cosa significa oggi essere un artista a Gaza, e in Palestina, e quale potrebbe essere secondo lei il ruolo di un artista in questa situazione?
Essere artista a Gaza ha molti significati: l'amore, la guerra, il blocco, la libertà, la speranza, la bellezza. Tu sei l'artista e tu sei colui che difende la sua nazione, ma con armi diverse e in luoghi diversi. Forse, qui a Gaza, l'artista è influenzato da molte più cose: oggi e tutti i giorni siamo la voce della gente, i loro occhi, quelli che possono trasmettere per loro messaggi al mondo intero attraverso la lingua dell'arte. L'artista gioca molti ruoli, soprattutto nell'espressione della vita della persone, della loro situazione e delle loro preoccupazioni utilizzando una forma artistica in modo che tutto ciò arrivi al pubblico. In certi casi l'arte può rompere i confini, vola alto fino in cielo e raggiunge tutte le genti.

Avete ricevuto sostegno dal movimento pacifista israeliano?
No, qui a Gaza la situazione è difficile e non ci sono molti rapporti con il movimento pacifista israeliano. Non abbiamo ricevuto alcun sostegno.

In che modo l'attuale situazione sta influenzando il mondo artistico e culturale?
La situazione rimane difficile anche dentro i confini dell'arte. La maggior parte della gente, qui da noi, cerca libertà per lavorare e mangiare, cerca ordine e regole. Noi invece cerchiamo di rimanere influenzati dalla società per poi trasportare la nostra realtà, attraverso il nostro spirito di artisti contemporanei, e farla arrivare al mondo. Bisogna però tenere presente che un artista qui lavora con grande difficoltà, soprattutto per la mancanza di materiale. Ma andiamo avanti perché la produzione artistica, oltre ad aiutare noi stessi, aiuta le persone a godersi la vita.

Come pensa che reagirà la popolazione di Gaza a questo evento?
Non so in che modo la gente accoglierà questo festival: é il primo da quando è iniziato il blocco. Quello che è certo è che inviteremo moltissime persone a partecipare alla nostra proposta. Questo festival sarà una chiave per aprire i nostri orizzonti e forse potrà essere una luce, piccola o grande, che aiuterà la gente a sviluppare la creatività di ciascuno e a pensare, in futuro diverso e bello dove ci sia libertà, pace e ordine.

Fonte: Laura Aletti di www.peacereporter.net

In Somalia è crisi istituzionale


E' crisi istituzionale in Somalia, dove il governo di transizione del premier Omar Abdirashid Sharmarke è stato sfiduciato. In seguito a una seduta parlamentare particolarmente accesa, 280 deputati hanno ieri votato a favore della mozione di sfiducia, 30 i contrari e otto gli astenuti. Mentre in aula si consumava lo scontro tra Sheikh Aden Madobe, presidente del parlamento, e il leader dell'esecutivo Sharmarke, a Mogadiscio infuriavano i combattimenti. I ribelli degli Shabaab, fazione vicina a al-Qaeda, hanno cercato più volte di conquistare la sede parlamentare. Dura la reazione delle truppe di Amisom, la missione dell'Unione africana, che ha sparato sul mercato di Bakara, considerato la roccaforte dell'opposizione islamica, facendo decine di vittime tra i civili. La crisi politica di questi ultimi giorni ha ingarbugliato ancora di più la complessa situazione della Somalia, che si trova a fare i conti con una recrudescenza del conflitto armato.

PeaceReporter ha intervistato Matteo Guglielmo, ricercatore ed analista del Cespi per il Corno d'Africa.

Come si è arrivati a questa crisi di governo?

Era da dicembre che il parlamento somalo non si riuniva e molti nodi politici erano rimasti in sospeso. Erano presenti in aula poco più di trecento parlamentari, a fronte di un numero complessivo di 550 deputati. Molti, infatti, risiedono all'estero e tanti non sono riusciti a raggiungere Mogadiscio. Al governo di Sharmarke viene rimproverato di non aver fatto abbastanza per la sicurezza del Paese e per l'allargamento del processo di pace. A gennaio il Consiglio europeo ha dato l'avallo a una missione militare in Uganda (Eutm) per contribuire alla formazione delle forze di sicurezza somale. Il problema è che poi l'esecutivo non paga i soldati che, trovandosi senza stipendio, passano all'opposizione. Nel passaggio si portano via le armi che, invece, arrivano dagli Stati Uniti. Paradossalmente gli Usa e l'Unione europea si trovano a finanziare i ribelli islamici. In Somalia non esiste un esercito regolare e strutturato, di conseguenza i soldati ubbidiscono alle leggi claniche. Se un signore della guerra di un determinato clan decide di cambiare fazione, viene seguito da tutti i suoi uomini.

Quale sarà il futuro del premier?

Per ora restano le sue dimissioni, anche se oggi le ha definite "incostituzionali" e ha espresso la volontà di restare in carica. Ieri nel giro di poche ore si sono susseguite due conferenze stampa. La prima di Madobe, presidente del parlamento, che annunciava l'approvazione della mozione di sfiducia e la caduta del governo. La seconda di Sharmarke che sosteneva l'illegalità della mozione, in quanto il mandato di Madobe era scaduto. In seguito ai colloqui tra il presidente Ahmad Sharif e Madobe, quest'ultimo si è dimesso, probabilmente dietro la promessa di un incarico ministeriale nel prossimo esecutivo.

L'opposizione islamica trae vantaggio da questa situazione?

Sì, assolutamente. L'incertezza politica incrementa l'emorragia di soldati e civili verso gli Shabaab o Hizbul Islam. Questa crisi, tra l'altro, si è verificata proprio nel momento sbagliato, quando era in corso una “spaccatura” all'interno di Hizbul Islam che aveva subito la defezione di Shek Ahmed Madobe, uno dei capi, che si sarebbe avvicinato al governo. La corrente degli Shabaab riconducibile a Abu Mansur Robow, l'ex portavoce, ha, inoltre, guardato con favore la difesa fatta dal capo dello stato Sharif del presidente del parlamento che appartiene al loro stesso clan. Questo, ovviamente, non avrebbe significato un avvicinamento degli Shabaab al nuovo governo, ma avrebbe favorito una distensione dei rapporti.


Fonte: Benedetta Guerriero di www.peacereporter.net

IL FASCINO DEL SAHARA


Di buon mattino, partiamo alla volta di Ghadames. Dobbiamo raggiungere la nostra meta entro sera e lungo la strada abbiamo una tappa importante: l’antica città di Sabratha. Subito ai margini del centro urbano di Tripoli, lungo l’importante arteria di collegamento percorsa, notiamo un’abbondante presenza di rifiuti. Purtroppo questa sarà una costante delle periferie urbane da noi attraversate. Arriviamo dopo 1 ora circa. Come la stragrande maggioranza dei siti archeologici, il prezzo del biglietto è di 3 Dinari ciascuno, se si desidera fotografare ci vogliono altri 3 Dinari. Data l’importanza e la vastità dell’area da visitare, ingaggiamo per 40 Dinari una guida, che ci accompagnerà nella zona archeologica. Resti di diversi complessi termali, di templi, colonnati, qualche vestigia punico-fenicia. Interessante, certo, ma sinceramente mi aspettavo qualche cosa di più. Eccezionale invece il teatro, nonostante abbia subito un’opera di restauro particolarmente intensa, regala un impatto d’effetto, grazie alla sua imponenza, con i tre ordini di colonne corinzie che si ergono per oltre 20 metri dietro il palcoscenico. Era il teatro romano più grande dell’Africa, a testimonianza dell’importanza che ricopriva la città di Sabratha. Abbiamo visitato anche il museo annesso agli scavi (ingresso altri 3 Dinari), il quale custodisce solo reperti trovati nel corso degli scavi condotti nella zona, tra cui i grandi mosaici che adornavano la basilica di Giustiniano. Al momento gli scavi sono sospesi, anche se è stato stimato che una buona metà della città giace ancora sotto la sabbia. Al termine della visita ripartiamo e dopo circa 3 ore di strada arriviamo a Nalut, cittadina famosa per ospitare nei suoi pressi un antico granaio berbero fortificato. Scendiamo dal nostro veicolo, un forte vento gelido ci accoglie. Paghiamo l’esiguo biglietto d’ingresso ai guardiani, i quali molto gentili, ci accompagnano nella visita di questo strano sito. Il luogo è molto ben conservato, girando nelle strette viuzze del complesso, si possono vedere uno accanto all’altro le anguste stanzette dove era custodito il grano, l’olio ecc. Sono rimasti gli otri, i contenitori in terracotta, alcuni interrati, altri più evidenti. In alcuni ambienti sono esposti anche gli utensili utilizzati dalla comunità agricola, rudimentali falci, zappe, mortai, basti ecc. Data la bizzarria di come le stanze spuntano dalla struttura di malta, la tortuosità delle viuzze sopra le quali di tanto in tanto si affacciano anche dei minuscoli balconcini, la costruzione, nel suo insieme sembra quasi un alveare, oppure una città fantastica, abitata da gnomi. Abbiamo avuto modo di vedere anche una piccolissima e antica moschea, sempre costruita con mattoni di fango, e un interessantissimo frantoio ancora attrezzato, con le giare dove si lasciava decantare l’olio, le pietre da macina il meccanismo in legno che consentiva alla forza sviluppata dall’animale destinato al traino, di produrre il movimento che azionava la macina. E’ stata una tappa veramente apprezzata da tutti noi. Peccato per il freddo pungente, che non ci ha certo invogliato ad indugiare un po’ di più in questo strano luogo. Ripartiamo e raggiungiamo Ghadames, dove ci congediamo con l’autista ed il pullmino utilizzato fino ad ora e facciamo conoscenza con le guide che ci condurranno per i prossimi dieci giorni a bordo di fuoristrada nella parte più meridionale del nostro tour: verso il deserto. Il centro abitato di Ghadames è veramente squallido, caseggiati disposti alla rinfusa lungo le strade, la mancanza del più elementare senso urbanistico e l’incuria di quelli che sono gli spazi comuni, rendono questa città veramente triste. Oramai è buio, alcuni di noi raggiungono il posto telefonico dove chiamare casa. Per alcuni giorni, poi, non sarebbe più stato possibile. Il costo delle telefonate in tutta la Libia si aggira intorno ai 3-4 dinari ogni paio di minuti di conversazione. Cena piuttosto mediocre in un piccolo locale dal nome “Sahnon Restaurant”. Spendiamo complessivamente 80 Dinari. La notte la passiamo sistemati in stanze, messeci a disposizione presso una casa privata (costo 15 Dinari a testa). Il livello di pulizia lascia molto a desiderare.

Lunedì 17/03/2003:
Inizia la giornata con la visita della città vecchia di Ghadames. Il biglietto d’ingresso costa 5 Dinari a persona. Prendiamo contatto anche una guida che ci accompagni e ci descriva ciò che incontreremo. Il suo ingaggio è di 50 Dinari. Se Ghadames nuova mi ha deluso per il suo squallore, Ghadames vecchia mia ha incantato per il suo fascino. Per buona parte l’antico centro è cinto da mura. Alla fine della nostra visita ho guardato a queste mura come si guarda un baluardo amico, un abbraccio protettivo che divide il mondo di queste affascinanti architetture da “mille e una notte”, dall’abbrutimento senza regole del nuovo cemento. Questa Ghadames è un dedalo di strette, bianche viuzze, che si insinuano tra quelle che erano le antiche abitazioni di queste genti. Ogni via resta per buona parte coperta al cielo, sfruttando archi, sottopassi e in genere la struttura stessa delle case. Questo accorgimento, oltre a quello per il quale le vie hanno una larghezza molto limitata, erano principi studiati ad arte per ottenere più riparo possibile dal sole, cocente per molti mesi all’anno. Altro elemento che sottolinea la maestria con la quale queste strutture urbane sono state concepite, è il fatto che il dedalo di stradine di cui Ghadames è formata, sono disposte in modo tale da permettere un continuo ricambio d’aria, sfruttando oltre il naturale favore dei venti, anche degli appositi sifoni creati per facilitare la ventilazione nei punti più difficili. Lungo ogni via per buona parte si snodano sedili di muratura, anch’essi bianchi, dove le persone potevano sostare e trattenersi. Di tanto in tanto piccoli slarghi, piazzette dalle piante irregolari, con gli immancabili sedili, con le mura bianche dove qua e là sono scavate delle nicchie create per ospitare le lampade ad olio. Alcune di queste case sono aperte, è possibile visitarle. Abbiamo visitato l’interno di una di queste abitazioni. Molto caratteristica, con diverse stanze, tappeti, dipinta tutta di bianco con decorazioni molto particolari, specie di arabeschi con predominanza del colore rosso. Altra sbalorditiva caratteristica di Ghadames è che attraverso i tetti è possibile andare da un capo all’altro della città, e le case confinanti sono tutte comunicanti, attraverso delle brevi scale che portano a cortiletti pensili. Dai tetti delle case è poi possibile godere favolosi panorami, sui verdeggianti palmizi che circondano la città. Altro dettaglio singolare di queste architetture è che ciascuno degli angoli posti sulla sommità delle abitazioni, terminano con punte triangolari e questo rende ancora più fiabesche le vedute della città dai tetti. Ghadames è patrimonio dell’Unesco e le attività di manutenzione sono particolarmente attive, specialmente in quelle parti della città ove i segni del tempo e, purtroppo, anche della seconda guerra mondiale hanno lasciato traccia. Altra caratteristica che ricordo con estremo piacere sono le stradine che conducono fuori dal “centro”. Queste, delimitate da muri alti 2-3 metri in malta, hanno solo la parte terminale dipinta di bianco, con motivi traforati a forma di triangolo. Quanto è piacevole percorrere queste viuzze dal corso irregolare, e vedere in alto, oltre i muri, le chiome delle palme, e più in alto l’azzurro terso e schietto del cielo. E’ stata una visita meravigliosa, ben condotta dalla nostra preparatissima guida locale.
Saliamo sulle 4x4, ma prima di partire sostiamo al mercato dove facciamo scorta di acqua, pane, frutta e verdura, sufficiente per circa quattro giorni, cioè tanto quanto staremo lontani da qualsiasi centro abitato. Le bottiglie d’acqua da 1,5 litri costano da 0,80 a 1 dinaro l’una. Un chilo di arance costa 1 dinaro. La verdura costa piuttosto poco, se con 12 dinari abbiamo acquistato una buona quantità di pomodori, zucchine, cipolle e patate. Abbiamo, poi, constatato che l’ordine di grandezza dei prezzi è più o meno lo stesso in tutta la Libia. Il pane ha un prezzo politico, incredibilmente basso. Con pochi spiccioli si comprano un sacco di baguettes, che tra l’altro sono davvero squisite, profumate, saporite, croccanti all’esterno e morbide all’interno, una vera delizia, tant’è che qualcuno, me compreso, le sgranocchiava così, senza companatico. Per quanto riguarda gli altri generi alimentari di base, tipo pasta, insaccati, formaggi e condimenti vari, ce ne è una buona scorta partita dall’Italia.
Oramai è primo pomeriggio quando partiamo, abbandonando il centro abitato. Quasi subito lasciamo il nastro d’asfalto per la pista di sterrato. Secondo la nostra tabella di marcia, oggi dovremmo percorrere circa 100 chilometri. In lontananza si vedono delle alture, qua e là qualche cespuglio secco, poi a mano a mano che ci addentriamo nell’hammada, il paesaggio diventa sempre più monotono, fino a entrare in un’immensa distesa di pietre, a perdita d’occhio. A questo punto del pomeriggio, la temperatura è piuttosto calda, nonostante il vento fresco. Uno dei fuoristrada si rompe, cominciamo bene. Un problema ad una balestra, sembra. Gli autisti si mettono tutti insieme a tentare di riparare il danno. Hanno una rudimentale cassetta degli attrezzi, dalla quale estraggono veramente di tutto. Il guasto ha dato un bel po’ di filo da torcere, ma dopo più di mezz’ora di tentativi sono riusciti ad avere la meglio. Hanno riparato il guasto grazie ad un cuneo di legno ricavato da un ramo secco, che hanno incastrato a dovere dove si è verificato il difetto. Questo è stato il primo di altri 3-4 piccoli guai tecnici occorsi alle nostre vetture, ma sempre riparati alla meglio dai nostri piloti-meccanici.
Ripartiamo. Il sole è oramai basso ed il freddo comincia a farsi sentire. Raggiungiamo una zona semi riparata da una paio di collinette di roccia. Il capoguida, Hadi, decide che questo è un buon punto per accamparsi. Fa disporre le tre jeep ferro di cavallo e qui montiamo le tende. Wadi Kezouin è il nome di questa zona. Abbiamo fatto meno strada rispetto al previsto, il luogo è piuttosto inospitale, il vento aumenta e con esso il freddo. Mentre io con alcuni compagni siamo intenti a terminare di montare le tende, vediamo un po’ di subbuglio vicino alle jeep. Più tardi gli altri nostri compagni ci informano che il trambusto è stato generato da una vipera che per fortuna Hadi e compagni hanno individuato e che sono stati costretti a sopprimere, data la pericolosità di quella specie (si trattava di un esemplare di vipera cornuta, velenosissima e tipica di queste zone). Mica male per essere il primo campo. Oramai il buio è calato, cuciniamo una delle numerose minestre liofilizzate di cui è composta la nostra “cambusa”, portata dall’Italia. Formaggio e prosciutto come secondo. Sono letteralmente intirizzito dal freddo.

Martedì 18/03/2003:
Qualcuno di noi ha un termometro. Al nostro risveglio segnava +2° gradi centigradi. Non male per essere in Africa! Colazione, campo smontato e via, alle 8:45. Dobbiamo recuperare la strada non percorsa ieri. Dopo tre ore di percorso, siamo nel cuore dell’Hammada Al Hamra. Vediamo sconfinate distese di sassi, per molti chilometri è una spianata sassosa spazzata dal vento. Il sole batte sulle pietre lisce, a volte è addirittura abbagliante. Lentamente il paesaggio si trasforma, dà spazio ai primi rilievi, cominciamo a vedere i primi accenni di sabbia, che aumenta sempre più, fino a dare spazio alle prime dune. Sono le 14:00 quando siamo ai confini settentrionale dell’Idehan Ubari, uno dei “mari di sabbia” libici. Quando sostiamo per il pranzo siamo ai piedi di un’alta duna e la sensazione di monotonia che ci ha accompagnato per diverse ore, si trasforma nello spettacolo sinuoso di queste meraviglie della natura. Anche il vento è quasi del tutto cessato e la temperatura è salita notevolmente. Finalmente fa un po’ caldo! Riprendiamo il viaggio, e dopo pochi chilometri ai nostri occhi si presenta uno spettacolo davvero bizzarro. Vediamo, in una zona non più vasta di 300-400 metri quadrati una distesa di strane pietre grigie, levigatissime, tondeggianti veramente strane, sembrano sculture e ricordano le forme dipinte da Botero. Le nostre guide non menzionano questo strano luogo, mentre alle nostre domande gli autisti alzano le spalle, sanno che è un posto interessante, ma non sanno spiegare come mai in un contesto geologico e paesaggistico completamente diverso, ad un tratto spuntano queste stranissime rocce. Ora le dune prendono il sopravvento sul paesaggio, per un buon tratto della pista ne siamo circondati. Il sole comincia a scendere, e questo produce un effetto meraviglioso sul paesaggio circostante. Guardando avanti, e poi a destra, a sinistra, dietro, la luce gioca strani effetti sulla sabbia, sui rilievi, creando effetti cromatici completamente diversi, bianca da una parte, poi gialla, poi rossa dall’altra……Il tutto raccolto dall’abbraccio del cielo, così profondamente azzurro…….. Facciamo campo proprio in mezzo alle dune, riparati in una specie di catino naturale. Il capo carovana fa disporre i fuoristrada a ferro di cavallo, in modo di offrir riparo al punto in cui si accenderanno tra un po’ i fuochi per la cena. E’ il nostro primo campo tra le dune, siamo immersi nei cangianti colori delle sabbie al tramonto. Tutta un’altra cosa rispetto all’inospitalità del luogo di ieri. Ci gustiamo un’incredibile stellata, attendendo il sorgere della luna da dietro un’alta duna. Poi intraprendiamo una difficile scalata, illuminati dalle stelle e dalla luna. Stupenda è la sensazione sulla pelle dei finissimi granelli di questa sabbia fresca, nella quale in alcuni punti si affonda fino oltre le caviglie. E il lasciarsi cadere ansimanti sulla sabbia, che sensazione incredibile di libertà!. Serata memorabile, questa. Peccato che poi, nel corso della notte, si è levato ancora un fortissimo vento, tanto che i normali paletti della tenda non riuscivano ad ancorarla la suolo. Penso che siano stati i nostro corpi e i bagagli a fungere da zavorra e ad evitare il peggio. La tenda si piegava tanto da scendere sul corpo, e la violenza del vento produceva un inevitabile rumore il quale non è che propiziasse proprio il sonno….


Fonte: www. cisonostato.it

Marea nera,Bp:falla verso chiusura

La British Petroleum spera di chiudere il pozzo di petrolio da cui sgorga la marea nera del Golfo del Messico nel fine settimana grazie alla procedura "Top Kill". Lo ha detto il responsabile dell'exploration and production del colosso petrolifero britannico, Doug Suttles, durante una conferenza stampa. In pratica verranno iniettati nella falla dei fanghi che dovrebbero tappare la fuoriuscita del greggio.
Marea nera,Bp:falla verso chiusura

Grazie al tubo-siringa inserito nel pozzo "siamo riusciti ad aspirare oltre 1.000 barili di greggio e puntiamo ad incrementare il tasso a 2.000 barili - ha precisato Suttles - ma questa non è la soluzione definitiva: serve solo a limitare la fuoriuscita di petrolio, non è in grado di fermarla. Ora però siamo pronti per la procedura top kill che avvieremo nel fine settimana". Questa tecnica consiste essenzialmente nell'iniettare nel pozzo sostanze più pesanti dell'acqua e del petrolio ad una velocità tale da bloccare la fuoriuscita di idrocarburi.

Suttles ha definito "di successo" le ultime 36 ore di lotta alla fuoriuscita di petrolio che è stata contenuta come non era mai avvenuto da quanto è esplosa la piattaforma, lo scorso 20 aprile. Oltre al tubo-siringa inserito nel braccio flessibile del pozzo, "sta dando dei risultati anche la dispersione del greggio - ha evidenziato - grazie ai batteri mangia-petrolio che ne accelerano il naturale processo di decomposizione". Il Chief Operating Officer della BP ha poi precisato che la tecnica "top kill" non è stata ancora utilizzata solo perché bisognava prima raccogliere dati.

"Dovevano avere la certezza di non peggiorare la situazione - ha spiegato - e abbiamo prima raccolto tutta una serie di informazioni, a partire dal livello della pressione. Ora siamo pronti". Se l'operazione si rivelerà un successo, "il pozzo sarà definitivamente chiuso e non sarà mai più reso operativo", ha detto Suttles, assicurando che l'area continuerà ad essere monitorata ancora per molto tempo. Il petrolio aspirato grazie al siringone potrebbe invece venire commercializzato. "Dipenderà dalle sue condizioni - ha concluso Suttles - dovremo verificare se potrà essere raffinato".

Obama chiede una commissione d'inchiesta.

Barack Obama intende creare una commissione d'inchiesta presidenziali per appurare le cause dell'incidente della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, saltata in aria il 20 aprile scorso. La Casa Bianca vuole anche capire le ragioni per cui dopo quasi un mese non si è ancora riusciti a contenere la perdita di greggio nel Golfo del Messico. Lo ha riferito una fonte dell'amministrazione.

La commissione avrà una struttura simile a quelle create in passato per indagare su incidenti come la esplosione dello shuttle Challenger e quello avvenuto al reattore nucleare di Three Mile Island. L'inchiesta sarà ad ampio raggio ed includerà un esame dei meccanismi operativi della industria delle perforazioni offshore, della sicurezza delle piattaforme e la affidabilità delle ispezioni governative.

Fonte: www.mediaset.it

Iran, accordo con Brasile e Turchia sul nucleare

L'Iran ha raggiunto un accordo per lo scambio di combustibile nucleare con Brasile e Turchia. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu, da Teheran, dove sono in corso i negoziati tra le autorità iraniane, il presidente brasiliano Lula, e il premier turco Erdogan. I due leader stanno cercando di trovare un accordo complessivo che sblocchi lo scambio ed eviti all'Iran una nuova tornata di sanzioni.
Iran, accordo sul nucleare

Secondo l'intesa originaria, siglata a Vienna il 1 ottobre scorso, Teheran avrebbe ceduto 1.200 kg di uranio arricchito al 3,5% in cambio di barre di combustibile raffinato al 20% processate prima in Russia e poi in Francia.

"Abbiamo raggiunto un accordo dopo 18 ore di trattative", ha spiegato Davutoglu ai giornalisti specificando che l'annuncio formale sarà dato lunedì dopo l'ultima revisione del documento da parte del presidente iraniano, Mahmoud Ahmdinejad, del brasiliano Lula e del turco Erdogan.

Fonte: www.mediaset.it

Marea nera,Bp:il sistema del cosiddetto tubo-siringa funziona bene

Al suo secondo tentativo, il sistema del cosiddetto tubo-siringa, inserito ad oltre 1.500 metri di profondità dalla Bp nella perdita del Golfo del Messico, sta "funzionando estremamente bene". Lo hanno reso noto fonti del gigante petrolifero britannico. La Bp ha annunciato che "oltre a pompare in superficie il greggio", tenterà di "iniettare fanghi pesanti nella falla per bloccarla permanentemente entro 7-10 giorni".

Contrariamente a quanto era stato indicato in un primo tempo, il siringone inserito nel braccio flessibile del pozzo, durante la notte tra sabato e domenica, ha permesso di portare in superficie una piccola quantità di greggio, e i tecnici ci stanno riprovando.

Lo indica a Robert, in Lousiana, il quartier generale delle operazioni di recupero dopo l'incidente alla piattaforma Deepwater Horizon, il 20 aprile, mentre un nuovo tentativo - il terzo - è attualmente in corso.

Durante la notte, indicano a Robert "alcune quantità di petrolio e di gas sono state recuperate. Il petrolio è stato stoccato a bordo del Discoverer Entreprise, la nave foratrice, a 1.500 metri dal pozzo, sulla superficie del mare, mentre il gas è stato bruciato grazie al sistema che si trova a bordo", una sorta di gigantesco accendino.

I responsabili del quartier generale delle operazioni confermano che ''il test è stato temporaneamente interrotto quando la siringa è fuoruscita dal tubo. Anche se si tratta di un fatto deludente, non è inatteso visto il carattere difficile dell'operazione. I tecnici hanno ispezionato nei minimi dettagli il sistema e hanno reinserito il dispositivo".

"Anche se non raccoglie tutto il petrolio, il dispositivo rappresenta un passo avanti importante nella riduzione delle quantità di petrolio che finiscono nelle acque del Golfo", concludono i responsabili del centro di Robert.

Fonte: www.mediaset.it

La più grande crisi nella storia moderna

Alla fine di una settimana che aveva visto diffondersi il panico sui mercati finanziari di tutto il mondo, Lyndon LaRouche ha aperto la conferenza dell'8 maggio, trasmessa in internet, annunciando che avrebbe parlato della crisi immediata e quindi della politica più a lungo termine necessaria per sviluppare l'economia fisica del mondo, ed oltre. "La prima parte è elementare, la seconda parte è scientifica".

Riferendosi all'emendamento per il ritorno a Glass-Steagall presentato al Senato USA alcuni giorni prima LaRouche l'ha definito "un progetto di legge promosso da un gruppo di leader repubblicani e democratici che si sono resi conto che la riforma finanziaria di Obama non passerà, che il disegno di legge (del Sen. Dodd, NdR) voluto da Obama verrà bloccato e che il Presidente fallirà. E questo sarà probabilmente il modo per porre fine alla sua Presidenza".

Non è una questione americana, ha aggiunto LaRouche, è tutto il sistema finanziario internazionale che sta cadendo a pezzi, il sistema che ruota intorno ai britannici ed al gruppo bancario Inter-Alpha. La loro "vittima principale, ufficialmente, è l'Euro. Tutte le nazioni che fanno parte dell'Euro sono il primo bersaglio del disastro… L'influsso più potente finanziariamente è l'Impero britannico, e ruota intorno al gruppo noto come gruppo Inter-Alpha, che ha varie estensioni, ed il cui potere risale ai pirati dei Caraibi". È li che si trova il quartier generale di coloro che oggi possiedono la Russia, finanziariamente.

Il tentativo di salvataggio della Grecia ha avuto un ritorno di fiamma ed ha provocato un "cambiamento d'umore" in Europa ed anche negli Stati Uniti. L'amministrazione Obama ed altri hanno esercitato pressioni per gli aiuti alla Grecia per cercare di impedire che esploda il sistema britannico a spese degli Stati Uniti. Ma "non tutti negli Stati Uniti sono stupidi o traditori". Tra i più intelligenti ci sono i Senatori John McCain, Maria Cantwell, Russ Feingold ecc. "che non hanno nessuna intenzione di stare a guardare mentre gli Stati Uniti vengono distrutti". Quindi hanno presentato un emendamento per stravolgere il senso della cosiddetta riforma finanziaria di Obama (il ddl Dodd). È un gruppo di persone decise che sanno che il sistema britannico sta per crollare e che se gli Stati Uniti non prenderanno le misure necessaria per difendersi, lo stesso accadrà agli Stati Uniti.

"Quindi, le persone dietro all'emendamento McCain-Cantwell non agiscono per conto del proprio partito, agiscono come patrioti. E coloro che si oppongono a loro non agiscono da patrioti!". Attualmente "abbiamo a che fare con un sistema che è basato sui soldi del Monopoli. Tutti questi derivati finanziari, queste somme ingenti, questi salvataggi bancari sono finti e fraudolenti!". Tornando a Glass-Steagall, ovvero la separazione tra banche commerciali e banche d'affari, "potremo cancellare i soldi del Monopoli. E difendere l'integrità dei debiti legittimi, come quelli che di solito si trovano nelle banche ordinarie".

Questo significa che molto banche dovranno essere chiuse, o almeno pagare le proprie perdite. Dopo aver buttato a mare i titoli tossici, bisognerà emettere una massa di credito federale per finanziarie le banche che sono state salvate, e per finanziare i progetti infrastrutturali necessari, come sistemi idrici.

Data la natura sistemica della crisi, ha spiegato LaRouche, il Partito Repubblicano e quello Democratico "dovranno riorganizzarsi orientandosi all'interesse nazionale, e superando le divisioni di partito….perché non sono più importanti per i cittadini".

Secondo LaRouche, negli Stati Uniti c'è "una maggioranza patriottica che cresce e si diffonde come un incendio, implicitamente irrefrenabile, e che sosterrà l'opposizione guidata da McCain e dalla Cantwell. Ci sarà presto un voto sulla Glass-Steagall, nel processo politico, o l'equivalente di un voto sulla Glass-Steagall… Siamo dunque nella posizione di poter cambiare la storia".

Tra le numerose domande istituzionali a LaRouche, è di rilievo quella di un membro del Senato che la scorsa settimana era a Londra per un incontro della London School of Economics, e a cena si è trovato vicino ad un esponente del Ministero delle Finanze britannico che ha detto senza mezzi termini: "Se gli Stati Uniti torneranno alla Glass-Steagall, noi lo considereremo un atto ostile".

Fonte: www.movisol.org

Ronaldinho e Pato salteranno il Mondiale

La notizia, nell'aria da tempo, ora è ufficiale: Ronaldinho e Pato salteranno il Mondiale. I due milanisti non sono infatti stati inseriti dal ct del Brasile, Carlos Dunga, nella lista dei 23 convocati per il Sudafrica. Oltre a loro, l'ex giocatore della Fiorentina ha escluso Adriano, protagonista di un buon campionato nel Flamengo. Regolarmente convocato, invece, l'ex milanista Ricardo Kakà, reduce da una stagione non esaltante al Real Madrid.

Alla fine non ci sono state sorprese. Un po' come Marcello Lippi, anche Dunga ha proseguito dritto per la sua strada. Il che, alla resa dei conti, vuol dire niente Mondiale per Ronaldinho e Pato. E d'altronde, non li convocava prima e non li convoca nemmeno adesso. A nulla, quindi, è servita al Gaucho l'ottima stagione con il Milan. Dinho ci sperava e ci ha provato fino all'ultimo. Dunga, però, gli ha preferito altri: da Nilmar a Grafite. Due che il ct verdeoro ha scelto anche al posto di Pato e Adriano.

Niente Gaucho, niente Pato e niente Adriano, uno che nel giro della Nazionale c'era eccome e che, in questa stagione, in Brasile ha fatto cose egregie. Lo stesso non si può dire, ad esempio, per Kakà, che però Dunga considera un punto fermo della sua squadra almeno al pari di Felipe Melo, altro giocatore reduce da un campionato non esaltante eppure regolarmente chiamato per i Mondiali. Tra gli esclusi ci sono, ma anche questo era prevedibile, Ronaldo e Diego.

DUNGA: "DINHO? HA AVUTO SUE OCCASIONI"
"Ho visto le liste che voi giornalisti avete fatto e ho notato che cambiavano di mese in mese. Io guardo quello che succede in campo, cosa fanno i giocatori nei club, ma mi concentro su ciò che può servire alla Seleçao e non mi baso sul rendimento di un periodo limitato". Carlos Dunga prova a spiegare le esclusioni eccellenti dalla lista dei 23 convocati per il Mondiale. Sarà un Brasile senza Adriano, Pato e Ronaldinho. A proposito di quest'ultimo, niente Sudafrica perché il ct verdeoro gli preferisce Robinho, titolare inamovibile che gioca proprio nel ruolo del fantasista rossonero. "Da tre anni mezzo sento dire che nessun allenatore ha schierato Ronaldinho nel suo ruolo, ovvero nella fascia sinistra dell'attacco, che non si adatta a giocare in mezzo - spiega Dunga - . Ha avuto le sue opportunità, si è giocato il posto con altri giocatori. La sua qualità è indiscutibile, ma devo prendere le mie decisioni in base a quello che succede in campo con i rispettivi club, ma soprattutto in Nazionale".

Questa la lista di Dunga:

Portieri: Julio Cesar (Inter), Doni (Roma), Heurelho Gomes (Tottenham)
Difensori: Maicon (Inter), Daniel Alves (Barcellona), Michel Bastos (Lione), Gilberto (Cruzeiro), Lucio (Inter), Juan (Roma), Luisao (Benfica), Thiago Silva (Milan)
Centrocampisti: Felipe Melo (Juventus), Gilberto Silva (Panathinaikos), Josuè (Wolfsburg), Kleberson (Flamengo), Kakà (Real Madrid), Ramires (Benfica), Elano (Galatasaray), Julio Baptista (Roma)
Attaccanti: Luis Fabiano (Siviglia), Robinho (Santos), Nilmar (Villarreal), Grafite (Wolfsburg)

Fonte: www.mediaset.it

Gran Bretagna ha un nuovo premier

Gb, David Cameron è nuovo premier
Formerà governo coalizione con LibDem

David Cameron è il nuovo primo ministro britannico. Il leader conservatore ha accettato l'incarico al termine dell'incontro con la regina Elisabetta e ha lasciato Buckingham Palace. Succede al laburista Gordon Brown e sarà alla guida di un governo di coalizione con i liberaldemocratici. Si tratterà di una "coalizione piena per un governo solido che affronti i problemi del Paese, primo fra tutti il deficit". Lo ha detto lui stesso da Downing Street.

Il nuovo primo ministro ha ammesso che governare in coalizione "presenta difficoltà", ma con i Libdem si può immediatamente iniziare a lavorare per affrontare i problemi del Paese.

Nel primo discorso da primo ministro davanti alla sua futura residenza ufficiale, al numero 10 di Downing Street, Cameron ha indicato alcuni dei principali obiettivi del suo governo: "Ricostruire la famiglia, ricostruire le comunità, ricostruire la responsabilità". Poi ha promesso onestà nell'azione di governo nell'affrontare i problemi - primo fra tutti il deficit - e ha reso omaggio al suo predecessore Gordon Brown "per il suo lungo servizio" e al Labour "grazie al quale la Gran Bretagna è più aperta al suo interno e più compassionevole all'estero".

Accompagnato dalla moglie Samantha, Cameron è stato accolto da una folla festante. Poi ha fatto l'ingresso da padrone di casa a Downing Street. Secondo quanto si apprende, i dettagli sui nomi dei ministri emergeranno solo giovedì.

I complimenti di Obama e Sarkozy
Il primo capo di stato straniero a chiamare David Cameron è stato Barack Obama. "Gli Stati Uniti non hanno un amico e un alleato più vicino della Gran Bretagna" ha affermato il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama commentando la telefonata che ha avuto con il neopremier inglese. Le "più vere felicitazioni" poi sono arrivate dal presidente francese, Nicolas Sarkozy, che si augura "di poter lavorare con lui al rafforzamento della cooperazione e degli eccezionali legami intessuti tra Francia e Regno Unito".

La nomina di Cameron è avvenuta al termine di una giornata convulsa in cui sono naufragate le trattative tra i laburisti e i liberaldemocratici di Nick Clegg. Ne sono seguite le dimissioni del premier Gordon Brown.

Fonte: www.mediaset.it

Morto l'ungherese Andor Lilienthal, maestro nel gioco degli scacchi

E’ venuto a mancare, pochi giorni dopo il suo 99° compleanno, il grande maestro ungherese Andor Lilienthal, giocatore capace di battere Capablanca, Lasker, Euwe e Botvinnik, solo per fare qualche nome. Così si chiude un pezzo di storia degli scacchi, scompare l’ultimo giocatore vivente ad aver partecipato ai grandi tornei dell’anteguerra, come ad esempio Mosca del 1935 e del 1936, tornei che vedevano ai nastri di partenza Lasker, Capablanca, Botvinnik, Flohr, oppure Hastings 1933/34, dove divise il secondo premio con Alekhine.
Ancora nel dopoguerra Lilienthal era molto forte, come dimostra il sesto posto nell’interzonale del 1948, mentre tra i candidati, nel 1950, divise l’ultima posizione con Szabo e Flohr.
Nato a Mosca da genitori ungheresi, tornò in Ungheria all’età di due anni, ma rimase sempre molto legato alla Russia, partecipando a numerosi campionati sovietici con ottimi risultati. Per l’Ungheria partecipò a tre edizioni delle Olimpiadi, realizzando uno splendido 75% complessivo che gli diede ben due medaglie d’oro individuali.
Nel 1950 venne proclamato grande maestro dalla FIDE, e purtroppo con la sua scomparsa non rimangono più nomi di quella famosa lista.

Fonte: www.soloscacchi.altervista.org

Contro il parere della Casa Bianca, i democratici presentano il Glass-Steagall al Senato

L'economista Lyndon LaRouche ha da tempo indicato l'unica strada per uscire dal sempre più grave disastro finanziario/economico in cui ci troviamo: una reintroduzione globale della legge Glass-Steagall, separando le attività bancarie che riguardano gli investimenti nell'economia reale dalla speculazione finanziaria, e la creazione di un sistema creditizio e di cambi fissi tra le nazioni sovrane.

La reintroduzione di Glass-Steagall è ora all'ordine del giorno negli USA, grazie ad un emendamento alla riforma finanziaria attualmente discussa al Senato, proposto dai senatori Maria Cantwell (democratica dello stato di Washington) e John McCain (repubblicano dell'Arizona). La Casa Bianca si oppone all'emendamento, ma difficilmente riuscirà a bloccarlo. Grazie all'emendamento, la riforma finanziaria sarà radicalmente trasformata, e da arma spuntata diventerà un efficace strumento per una soluzione alla crisi.

L'emendamento Cantwell-McCain è firmato anche dai senatori Ted Kaufman, Tom Harkin e Russell Feingold. Nel loro comunicato, i presentatori affermano che esso ripristina il dispositivo della legge Glass-Steagall del 1933 che proteggeva i depositi impedendo che fossero usati nella speculazione di Wall Street. L'emendamento si basa sul precedente disegno di legge Cantwell-McCain presentato nel dicembre 2009.

"Una tale quantità di denaro dei contribuenti è stato dirottato nella speculazione di oscuri mercati, da impedire alle banche locali di finanziare le attività delle piccole imprese e creare quindi posti di lavoro", ha dichiarato la sen. Cantwell presentando l'emendamento.

"Non è un caso che il nostro settore finanziario sia deragliato completamente dopo che furono tolti i divieti della Glass-Steagall nel 1999", ha detto il sen. Harkin. "Consolidando la banca commerciale, la banca d'affari e l'assicurazione in una singola impresa finanziaria, gli istituti sono cresciuti talmente e diventati così intrecciati da essere troppo grandi per fallire. Per me è chiaro che tornare alle disposizioni dell'era Glass-Steagall aiuterà a por fine al problema del 'too big to fail' e ripristinerà l'ordine nel nostro settore finanziario".

Il comunicato prosegue spiegando che, "a cominciare dal 1933, la legge Glass-Steagall eresse un muro tra le banche commerciali e quelle d'affari per proteggere il denaro dei risparmiatori e impedire che fosse messo a rischio dalla speculazione di Wall Street. Per circa 60 anni, questa "muraglia" ha mantenuto l'integrità del sistema bancario americano; ma da quando fu eliminata, le banche hanno fuso l'attività ordinaria con il trading, usando le scappatoie nelle leggi per vendere ogni tipo di prodotti finanziari ai loro clienti. Nell'attuale sistema, quando queste megabanche falliscono il contribuente paga le perdite due volte.

Sotto l'emendamento, le grandi imprese finanziarie che attualmente gestiscono sia banche commerciali che banche d'affari dovranno decidere se concentrarsi sull'una o sull'altra attività. Nella maggior parte di questi istituti, le banche d'affari e quelle commerciali saranno profittevoli sia individualmente che per i loro azionisti. Separando le banche commerciali da quelle d'affari, l'emendamento pone fine alla speculazione con il denaro dei risparmiatori e riporterà gli investimenti a Main Street".

Fonte: www.movisol.org
 
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